lunedì 7 gennaio 2013

mimì sarà

la notte che lavarono le strade









Io ho avuto tante cose care, ho avuto il senso del dolore e anche l'allegria di un uomo che ama...
c'è una frase, non so di chi, che la dice lunga: E' più facile parlare in piazza a diecimila persone che al telefono con una donna in lacrime...
noi uomini non siamo preparati per parlare con una donna... siamo troppo evasivi, disattenti, a volte annoiati e arroganti...
come diceva Marcel Achard: Alle donne piacciono gli uomini taciturni, perchè credono che li stiano ad ascoltare... ecco, ecco qua...
noi uomini partiamo sempre con il piede sbagliato, quando parliamo con una donna: perché crediamo di sapere di più di tutto...
le abbiamo costrette per anni e anni in ruoli netti, precisi... difendendo la scelta con ragioni talmente assurde da essere ridicole...
ma li sentite i nostri politici?... ancora adesso si servono delle cosiddette Quote rosa per ottenere più voti, più consensi...
come se alla donna un incarico non le spettasse perché più in gamba di un uomo... ma le venisse donato quasi per carità...
una donna è donna da subito... un uomo è uomo a volte un po' prima, di solito dopo... e molto spesso non lo diventa mai...


la nostra dannata indole di eterni ragazzini, fa si che una donna sia sempre più adulta di un uomo... più concreta, più realista...
una donna innamorata si fa più bella, più solare, più luminosa, meravigliosa... un uomo, quando si innamora, rincoglionisce...
l'uomo è un eterno Peter Pan, rimane spesso in volo, e si perde... la donna no, la donna ha la forza di prenderti per la mano...
la donna ha la forza di prenderrti per la mano e di non farti volare via, perché tutto questo sarebbe assurdo, e inutile...
per noi uomini, troppo pieni di noi stessi, se una donna che oggi fa la madre di famiglia e quindi rinuncia a lavorare, sbaglia...
per noi uomini, troppo pieni di noi stessi, se una donna che oggi lavora e rinuncia a fare la madre di famiglia, sbaglia...



per noi uomini, troppo pieni di noi stessi, se una donna cerca contemporaneamente di lavorare e di fare la madre di famiglia, sbaglia...
per noi uomini, troppo pieni di noi stessi, una donna, qualunque scelta faccia, sbaglia comunque... l'uomo no, non sbaglia mai...
e, ancora oggi, per ottenere un ruolo che le spetterebbe perchè più Brava, quel ruolo, una donna, deve averlo... per legge...  è assurdo...
c'è una frase che ricordo di Denis Diderot, molto bella: Quando si scrive delle donne, bisogna intingere la penna nell'arcobaleno...
Domenica era nata in Calabria... era una donna tormentata, violentata, delusa, distrutta nell'anima dalla stupidità degli uomini...
la notte che prese il volo, e si liberò di tutte le miserie di questo assurdo mondo, era sola, aveva 48 anni... ed era da sola...
gli altri, tutti gli altri, le avevano voltato le spalle da tempo... molti da più di dieci anni: per delle puttanate, ma tremende...
impresari, discografici, colleghi: molti sogghignavano partecipando a quel gioco circolare di calunnie dettagliate, meschine...
altri si dimostravano impauriti dal contatto anche soltanto visivo con quella povera ragazza marchiata: dispensatrice di calamità...



qualcuno disse che avesse dei debiti quando morì... qualcun altro disse che le streghe non muoiono mai... qualcuno la pianse...
qualcuno tirò giù i conti della serva, e cominciò a sparare numeri, cifre, soldi, quattrini... qualcuno disse: Non è il momento...
diceva: «Nessun maschio accetta il ruolo di principe consorte, e così si resta senza amore»... quando morì morì da sola...
dell'uomo che amava da sempre disse: «Avrei voluto un figlio, lui no, non gli andava. E in fondo non gli andava neppure che cantassi»...
era bella Domenica... Mimì... aveva gli occhi profondi come il mare e tristi come un lago... era dolce, Domenica, era dolce davvero...
diceva: «Meglio essere sospettati di avere l’Aids, si può dimostrare il contrario con un test. Ma per la jella cosa si fa, una radiografia?»...
aveva la voce profonda e scura come un pozzo di campagna... e dentro ai suoi occhi ci potevi vedere la disperazione del mondo...
la notte che Mimì  prese il volo era una bella notte di maggio, dove anche per morire ci vuole tanto, troppo coraggio...



si mise sul letto, a piedi nudi, alle orecchie aveva la cuffia del walkman: da dove ascoltava una delle sue indimenticabili canzoni...
la notte che Mimì prese il volo, il cielo ne fu di certo felice... mentre quaggiù, gli uomini persero qualcosa di cui non sapevano davvero...
la notte che Mimì prese il volo, era sola... tristemente sola,  un braccio allungato verso il telefono, trovata due giorni dopo dall’autista...
si disse che avesse preso troppi farmaci, che il cuore non avesse sopportato e che si fosse appena appena spaccato, un niente...
si disse che era proprio un niente... un niente al confronto con tutto quello che aveva dovuto ingoiare nella sua fottuta vita...
la notte che Mimì prese il volo, ripensò a quel suo amore eterno, al suono da minuetto dei suoi vent'anni, e a un mondo migliore...
la notte che Mimì prese il volo, ripensò al suono da minuetto dei suoi vent'anni...
quando hai vent'anni non ti puoi risparmiare devi occuparti del mondo, è lì che aspetta la tua spinta per cambiare...


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