lunedì 14 gennaio 2013

la mia amica Laura

che non credeva per niente negli uomini







Se questo fosse un concerto rock, la chitarra suonerebbe ora un accordo di si minore... e l'organo, la seguirebbe...
qui la musica c'è, ma sta là, in un angolo, anche lei ha paura di disturbare un ricordo... eppure, eppure...
eppure ho vissuto tanti anni, e certe cose non so perché, non riesco a diogerirle... la vita sa farti un male dannato...


stamani sono andato davanti alla scuola: ho aspettato Francesca: la figlia di Laura: bella, triste: tutta sua mamma...
Francesca accompagnava Giovanni, suo figlio: fa la quarta elementare: cresce intanto che tiene la palla al piede...
sono stato lì, fermo, poi me ne sono andato via... tirava vento, e il cielo non prometteva niente di buono...
Francesca non mi ha visto... si è riavviata i capelli, e poi, si è accesa una sigaretta: proprio una bella ragazza...
stava lì, ad aspettare il suo autobus, con quella perlina azzurra all'orecchio... una cosa che mi ha fatto sorridere, amaro...
di alcuni amici parlo poco... ma di lei non ho scritto mai niente... per certe persone mi manca il coraggio...
verso Laura ho il debito di tante notti passate ad ascoltarla parlare... dove ho imparato a non giudicare mai...
sembrava una libellula smarrita nelle luci di tante lucciole di quelle estati oramai troppo lontane da ricordare...
leggera, ecco... appena palpabile... avevi il timore che, a sfiorarla, potesse farsi male, oppure morirci...
erano già finiti i tempi della scuola... si stava cercando di imparare il mondo, che ancora non ci aveva fatto niente...
Laura era il mio modo di imparare le donne, di capirle... di cominciare a soffrirci sopra, e poi non dormirci di notte...


Promesse da marinaio... se tu l'avessi conosciuta, prima o poi l'avrebbe detto anche a te... sarebbe capitato...
Laura aveva avuto Francesca a diciassette anni: una bambina che s'inventa un'altra bambina: una perla rara...
Laura credeva poco nella vita e nell'amore... e nei suoi occhi, in quel momento, le passava un'ombra, così...
Laura non credeva per niente negli uomini: Cercano solo un fottuto buco dove poi scolare il proprio uccello...
Laura era una di quelle persone che sembrava che un dio cattivo ci si fosse messo giù di buzzo buono, di notte...
negli occhi aveva sempre un'ombra... come se il sole, a lei, potesse passarle solo e sempre di spalle...
teneva con se un libriccino dove si appuntava cose che, a pensarci, non ti verrebbe da scrivere su un foglio...
una su tutte: La vita per meritarti dovrebbe farti almeno, sempre, una carezza, ogni sera... cose così...
le dicevo: Ci si abitua a tutto... e lei: No, non è vero... l'abitudine è tanto cattiva, perché ti rende invisibile...
ci sono persone che se la vita gliela dai senza istruzioni per l'uso, va a finire che poi la buttano via in un attimo...
con Laura si andava spesso in bicicletta... erano strade polverose, strade di terra... strade dritte verso il cielo...
erano strade che ti rubavano il respiro... ti prendevano via il fiato, fatte apposta per sentirti dentro e non dire niente...
scappavamo via dai soliti discorsi, da chicchiere becere di gente che non aveva capito ancora un cazzo della vita...
fumava un po' di tutto, me ne offriva, a volte... dicevo: Non serve, Laura, sono già scemo per conto mio...
leggevamo insieme le poesie di Pavese, quello stesso libro che anni prima avevo consumato a furia di leggere con Sara...
le poesie disperate di Verrà la morte ed avrà i tuoi occhi... quelle che ti fanno conoscere il baratro, se le sai leggere...


si saliva fino al monastero, che oggi ho lì a pochi passi, e si parlava di come cazzo facevano a starci una vita lì dentro, i frati
si girava a piedi intorno alle mura del monastero, come due ragazzi che cercano un posto per fare l'amore...
con Laura le cose erano diverse: lei cercava un posto dove fermarsi, sedersi e dirti della miseria degli uomini...
non era facile stare accanto a una ragazza così... i suoi tormenti della vita, in certe sere, diventavano anche i miei...
aveva un carattere così forte, che non ti stava ad ascoltare... viveva per punti, precisi, esatti... disperati e decisi...
imparò ad ascoltare le mie parole attraverso la musica... le facevo ascoltare quello che avrei voluto dirle a voce...
così, lei imparò le mie sensazioni, le mie paure, i miei dubbi e le mie poche certezze... imparò ad ascoltarmi, così...
e se non era musica, era vento... quei giorni in cui ti mozzava il fiato, e tu lo respiravi come fosse aria nuova...
Francesca cresceva con sua nonna: la madre se n'era andata anni prima, e il padre aveva da scopare diverse donne...
quando ti capita di aver guardato dentro a un pozzo, dove hai visto il vuoto e il buio, o risali oppure ci caschi dentro...
Tommy degli Who era il disco che aveva scelto per la sua solitudine... l'avrà ascoltato centomila volte...
e tu lo sapevi, la guardavi negli occhi e sembra lei ti dicesse: See me, feel me, touch me, heal me...
era una pena... una sofferenza... non apriva la bocca, eppure tu la sentivi... te lo chiedeva con l'anima...
Guardami, sentimi, toccami, guariscimi... e tu stavi lì, a guardala, quella fottuta malinconia, la toccavi per davvero...


Guardami, sentimi, toccami, guariscimi... ero un ragazzo, alla fine... stavo lì, e non sapevo cosa cazzo fare...
quando riascolto quelle parole di quel porco disco, è come se mi ficcassero un coltello in mezzo al cervello...
se ci pensi per un attimo ti viene di mandare tutto a fare in culo... certe persone nascono con un'anima troppo scoperta...
a quei tempi, e l'ho fatto anche dopo, per anni, prestavo la mia voce a certe registrazioni per alcune radio...
andai in radio presto anche una mattina di settembre di trent'anni fa... era una giornata di merda: cielo nero come il culo dell'inferno
a quei tempi non c'erano i cellulari... salivi in macchina e sapevi di essere, per un po', solo al mondo... era bello, davvero...
non c'erano telefonate di rompicoglioni, ma nemmeno quelle a cui tu potevi tenere: quelle da parte di amici, amici assenti...
arrivai alla radio che erano le otto e mezza: Angela mi disse: Ti ha cercato tua madre... la chiamai... ingollai l'anima...
quella strada, quei dieci dodici chilometri sembravano diventati diecimila, d'un tratto... ingollavo anima e bile...
in quei momenti trovi di tutto: trattori, imbecilli, la polizia davanti a te, un semaforo rosso per lavori in corso... trovi di tutto...
mi aveva cercato Laura... a mia madre aveva detto solo: Gli dica subito che tra poco sarò guarita del tutto...
la trovò Nunzia che lì ci passeggiava per via di certi problemi alla circolazione: gliel'aveva detto il suo medico della mutua...
quando arrivai c'era già un gran casino... rimasi lì, in macchina, e mia madre che mi diceva tutto e tutto e tutto e tutto...
un niente: proprio tra l'occhio e l'orecchio con la perlina azzurra.... un niente da una cosa di suo padre: cosa da poligono...
poi, quel fottuto cielo nero come il culo dell'inferno si ruppe i coglioni... e cominciò a piovere che dio la mandava...
come se il padreterno, ad un tratto, si fosse messo a piangere di brutto, per aver combinato una gran cazzata...
e ora, mi verrebbe voglia di dirgli qualcosa a quel padreterno... non so se sia lì, e se poi mi stia anche a sentire...
ma Tu, lassù, padreterno o signore, "se hai un momento" dille almeno "che io c'ero e non ho fatto in tempo"...

 

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