domenica 27 gennaio 2013

il mio amico Erri

ho scritto i libri che mio padre
non ha scritto









Lui dice: Considero valore ogni forma di vita, la neve, la fragola, la mosca... il vino finché dura il pasto, un sorriso involontario...
e poi sa dirti: Considero valore risparmiare acqua, riparare un paio di scarpe... il nome del vento che sta asciugando il bucato...
io lo penso spesso, questo mio amico di sempre... lo penso durate i giorni che passano svelti, e in quelli troppo lenti e tristi...
lo penso appena mi alzo, e ricordo le sue parole: A riempire una stanza basta una caffettiera sul fuoco... cosa dire di più?...
lui, che si porta Napoli nel sangue e nel cuore, dove sogno e sonno hanno una sola parola per essere dette "suonno"...
lui che ha sempre difeso le sue idee, come sarebbe giusto facesse ognuno di noi: stare in Lotta Continua e farlo col cuore...
nella sua vita ha fatto di tutto: il muratore, il magazziniere, l'operaio, il camionista... perché la vita la devi vivere, comunque...
per capire il valore esatto del "viaggio del vagabondo" o "la stanchezza di chi non si è risparmiato", devi aver vissuto...
se tu non vivi, se resti fuori dalle cose della vita, non potrai mai capire cosa significhi "chiedere permesso prima di sedersi"...
se tu non vivi, se ti lasci solo vivere, non potrai mai capire che " i desideri dei bambini danno ordini al futuro", anche al tuo...
dice, il mio vecchio amico, tra i suoi baffi: La felicità è un agguato, si viene presi alla sprovvista e forse è meglio così...
il suo popolo, la sua gente è gentile, sa di menta o di erba appena tagliata, sa ascoltarlo e non chiedergli niente di più...
ha la faccia dei nonni, quando i nonni sapevano inventarsi delle melodie meravigliose, per farti addormentare sereno...
ha le mani forti e piene di vene di chi le mani le ha usate, le ha messe al lavoro, e tra le dita poi, resta il tempo passato...
ce lo vedo, su una spiaggia a suonare la chitarra, lo sguardo lontano, come se le donne fossero l'ultimo dei suoi pensieri...
lui è il gioco di parole, la poesia, un congedo opportuno lascia dietro una porta sempre aperta, lo sguardo antico...
si porta con orgoglio le cicatrici della vita, sui comizi rivoluzionari di una vita fa, e sulla sedia di paglia di due sere appena...
e lui ti dice: Ho scritto i libri che mio padre non ha scritto... Sono suo figlio perché ho ereditato i suoi desideri....
ha capito bene che "non si eredita il granaio, la casa... ma la penuria, il compito lasciato, la provvista mancata"...
il mio amico non urla mai l'amore, te lo fa sentire... sa guardare negli occhi, piccoli spiragli di finestre nel sole del mattino...
il mio amico non è mai scioccamente esplicito, sa parlare al cuore, e tu il cuore devi averlo allenato, sennò leggiti Moccia...
dice: Per tanti di noi della sinistra rivoluzionaria, la legge premio per i pentiti negli anni ottanta fu un foglio di espatrio...
perché, come dice spesso: Un'accusa fondata su una dichiarazione, senza uno sputo di prova, bastava all'arresto...
vallo a spiegare dal bagno penale nelle prigioni speciali!... in anni senza processo, messi da parte come in una soffitta...


dice: Per molti di noi furono scavalchi di frontiere, da contrabbandieri... per non finire in assurdi processi sommari...
Era maltempo e durò molto... Così era la spensierata Italia degli anni '80, dei nuovi arricchiti sotto il banco socialista...
Erri de Luca è così... vero, vivo, semplicemente complesso, assoluto, nonno padre e figlio, soldato e idraulico, è così...
Erri de Luca è l'uomo della crasi, la usa spesso, e fonde quelle vocali come per magia, in attesa di un dittongo armonico...
Erri de Luca scorre lento sulle metominie, che io amo tanto... lascia sineddoche sulle sue pagine, come acqua sui fiori...
Erri de Luca ti presenta davanti mille sinestesie, perché sa farti vedere il colore del vento, e l'odore delle fragole di bosco...
ne va da se che tanti sappiano dire: Io odio de Luca! Non capisco un cazzo e scrive libri da 20 pagine per 20 euro...
a questa gente va detto che esistono libri di 700/800 pagine... non dicono un cazzo, ma almeno portate carta a casa!...
prima di Natale è uscito La doppia vita dei numeri, di pagine ne ha 69... di sensazioni e di dolci sinestesie ne ha miliardi...
io m'immagino che molti  l'avranno visto in libreria nei giorni delle corse, ora rallentate, per i forzati regali di Natale...
tanti l'avranno preso tra le mani, sfogliato e voltato, un'occhiata veloce: 8 euro... troppo piccolo per essere un bel regalo...
oramai siamo abituati a calcolare il valore dei pensieri di un uomo in base al prezzo di copertina e al numero di pagine...
ti viene una tristezza micidiale, quando ti porti dietro un libro di 2 chili che sai già che, dentro, non ti lascerà un cazzo...


sabato 26 gennaio 2013

il loro rock romantico

Genesis, quando la musica era arte e non carriera









Il vento soffiava attraverso le porte chiuse... pizzicava le orecchie di uno gnomo che si aggira tra le stanche e vecchie mura...
c'era neve in quei giorni, e dentro a quel rifugio sperso tra il bosco, c'era spifferi che arrivavano da tutte le parti...
sarà che da ragazzi non ci si fa caso... sarà che a vent'anni gli spifferi sono solo l'idea di un suono che può diventare musica...
sarà che, allora, il rock non aveva etichette: era musica... sarà che in quei giorni il mondo aveva un'altra dolcezza, altra storia...
sarà che sapevi che i Beatles si erano riuniti per l'ultima volta in uno studio di registrazione per concludere l'incisione dell'album Let it Be...
e sarà che  Thor Heyerdahl inizia il viaggio che lo conduce ad attraversare l'Atlantico su una zattera di canne di papiro chiamata Ra II
ma in quel rifugio sperso tra la neve, nella foresta inglese, quei 5 ragazzi ci stavano bene, e non sapevano cosa sarebbe stata la vita
qualcosa - o forse qualcuno - stava per accadere... e per saperlo bisognava capire quello che diceva il vento, tra gli spifferi...


perché solo quando tutti gli spiragli si allineeranno in un ben preciso disegno magico riusciremo a decifrarne il suo linguaggio....
in quei giorni, viene terminata la costruzione della Diga di Assuan, iniziata nel 1960... e in Messico prende il via il Mondiale di calcio
e Anna Mae Hays diventa la prima donna ad essere nominata generale... e a  Londra viene ritrovato il cadavere di Jimi Hendrix...
il rock non aveva etichette, era musica... e nessuno si sognava di chiamarlo sinfonico, progressive, folk o cos'altro ancora...
ma loro, i nostri 5 ragazzi, furono i primi a scrivere qualcosa che, poi, venne chiamato con un nome bellissimo: Rock romantico...
ci sono definizioni che sono perfette... suonano bene alle orecchie, e al cuore... questa è una azzeccata: Rock romantico...
in quel rifugio sperso tra la neve, quei 5 ragazzi iniziarono a suonare... qualcosa di piuttosto pittorico, di elegiaco, di magico...
tinte delicate alternate con quelle solide e cromaticamente spesse della pittura ad olio... momenti musicali dolci, forse un po' barocchi...


la loro musica sofisticata, i loro testi intellettuali... l'Hammond di Tony Banks (quando non è il dulcimer o il piano)... il silenzio...
quella vena di malinconia che ti sa prendere l'anima in una sera di queste, e che ti fa girare intorno alla tua vita come una trottola...
una quieta scena simil-rinascimentale, due figure in un loggiato da dove osservano un paesaggio...  
poi, alcuni particolari iconici ma senza grandi dettagli, su uno sfondo di un celeste uniforme...
la copertina tagliata da un coltello: The Knife... e poi, aprire e scoprire un delicato paesaggio boschivo ad acquarello.......


all'isola di Wight oltre mezzo milione di giovani si ritrovano per il Festival del 1970.......
sembrerebbe di sentire la voce del cuore che ti parla... oppure il suo ipnotico di un'idea o la sensazione di un amore che non muore mai...
o ascoltare quella così tenera quanto disperata favola, suoni da da stanza dei giochi, la cantilena di un bimbo, i rintocchi di un orologio...
"Play me Old King Cole, that i may join with you..."... dice il fantasma di Henry, 8 anni, a Cynthia, 9 anni......


"Touch me, touch me, touch me NOW! now..." le dice Henry, dopo che Cynthiaa lo aveva graziosamente (!) decapitato.........
questi dei Genesis, sono album romantici, pieni di fascino, di bellezza e di richiami di un'età vittoriana che ben si ricorda....
o lo strambo quanto interessante mito da fantascienza: piante viventi che il prendono possesso di ogni città e... 
la voce di Peter sembra più che mai quella di un vecchio saggio, ed è sorprendente e inquietante pensare che aveva solo vent'anni...
 un susseguirsi di emozionanti affreschi musicali, racconti mitologici ed impareggiabili allegorie      
un ubriaco che decide di gettarsi da un cornicione... impercettibili e timidi accordi di chitarra e passando attraverso assoli di flauto...
un sognante racconto favolistico che narra mitici racconti di ermafroditi e ninfee...     


dedicato alla regina delle Naiadi, ninfe del mare... un glorioso crescendo e si apre la lunga e avventurosa stagione del rock romantico
e la copertina di Nursery Cryme con il tema della nurse assassina che gioca a golf con le teste dei malcapitati neonati....
Trespass... e poi Nursery Cryme... la stagione del rock romantico... erano gli inizi degli anni '70, dove la musica era arte......
quante altre cose da raccontare... quanta musica da ascoltare... quanti ragazzi che si sono invecchiati per poter diventare grandi...
il sospiro di una madre, le grida degli amanti.... una mossa falsa di Dio ora mi distruggerà... ma aspetta...
una volta lei accarezzò il corpo dell'amore... e ora, all'orizzonte, una nuova alba sembra stia per sorgere... una nuova vita da vivere...
vedi?... vedi come la pioggia si allontana, in un altro giorno.....

Te quanti occhi hai, per piangere?

ricordati di usarli sempre,
tutti e due









certe volte, la vita non va come tu vorresti... a volte basta un niente per sentirti davvero poco importante in questo mondo...
poi pensi: E' il tempo che passa o E' il tempo che è passato... potresti fare finta di niente, e aspettare un altro giorno...
oppure potresti cercare qualcuno su cui scaricare il tuo bagaglio di fardelli accumulati negli anni, e rimasti fermi lì...
potresti sbattertene i coglioni, al limite... ma con te stesso con giochi a barare... con te stesso non te lo puoi permettere...
potresti saltare sulla macchina, viaggiare fino a chissà dove... ma con quello che costa oggi 'sta benzina poi non lo fai...


potresti ingollarti litri e litri di corallo, fino a farti venire la nausea, fino a vomitare il mare e tutto la rabbia di questo mondo...
stamattina mi è tornato in mente un mio vecchio amico che mi parlò la sera stessa in cui riuscì ad aprire le ali e prendere il volo
mi disse: Ascoltami... alla fine poi, ma proprio alla fine, non ci sarà nessuno qui che avrà fatto tante puttanate quanto te...
mi sorrise, poi continuò: Ti sentirai addosso una barca di errori, di giorni spesi male, che ora nemmeno ti immagini...
gli dissi: Senti, Gino... e lui, spazientito, disse: Ascoltami, ascoltami cazzo! e promettimi di non smetterla mai, mai, MAI...
gli si strozzò qualcosa in gola... tossì per un minuto... io non sapevo cosa fare... stavo lì, come un bischero, a guardarlo...


poi, mi venne di passargli il bicchiere con l'acqua... ne bevve quanto un uccellino... giusto per bagnarsi le labbra, ecco...
dall'altra stanza, una mezza scema, stava a chiedermi: Gabriele, Gabriele, dimmi che è ancora vivo, respira vero?... cose così...
Gino scosse il capo... sorrise un niente, poi mi prese la mano con cui gli avevo passato il bicchiere d'acqua, e la strinse forte...
Tu, disse, tu non sei come gli altri... tu fai delle cose, ne fai tante, magari troppe... e mentre le fai pensi a quelle che farai dopo...
si femò un attimo: A te non ti basta mica una vita sola per farcele entrare tutte... a me, per dire, m'è d'avanzo questa che ho...


A me, continuò Gino, è sembrata già un'impresa viverne una, di vita... Ma te sembra che devi metterla al tappeto, 'sta vita...
Te, disse Gino, te vivi come fosse una sfida... un incontro di pugilato che devi vincere al primo round... una dannazione...
E' come fare dei bellissimi bicchieri di vetri finissimo, disse Gino tossicchiando... Vuoi cazzo che non se ne rompa uno, alla fine?...
Ecco, disse Gino, a uno come te, rinfacceranno quel cazzo di bicchiere rotto... e tu, ma tu dovrai sbattertene i coglioni...
Perché, disse ancora, quei dannati bicchieri andati a puttane erano la tua vita, una parte della tua vita, ma non erano errori...
Incontrerai tanta gente che ti dirà di non aver mai rotto un bicchiere, disse Gino, e faranno di tutto per dirti quanto sei bischero...
Incontrerai tanta gente che ti accuserà di aver rotto qualche bicchiere, disse, e pochi noteranno quelli belli e perfetti, sani... che hai fatto...
A uno come te verrà sempre fatto notare il bicchiere rotto, sappilo, disse Gino... ma tu non smettere di fare altri bicchieri...
e ricordati, disse poi, tante di quelle persone che ti accuseranno non c'avranno nemmeno mai provato a farlo, un cazzo di bicchiere...
Non c'avranno mai provato, disse ancora, ma, per tanti, tu sarai quello che li ha rotti certi bicchieri, e vedranno i cocci e basta...
era un giorno di quelli di carnevale... Lorenzo entrò dentro la stanza con il costume di un mostriciattolo fatto dai giapponesi
Lorenzo aveva sette anni, allora, e andava matto per i cartoni animati che avevano gli occhi che sembravano virgole spaventate
quando vide suo nonno sul letto disse qualcosa che non si capì... fece roteare un mantello d'argento eppoi uscì di corsa...
Quello viene su matto come te, disse Gino... Romperà tanti di quei bicchieri che nemmeno puoi immaginare, e lo farà, sta' sicuro...
Ti devo dire, disse, visto che non lo farà nessuno, che non ho mai visto uno fare tante cose nello stesso momento come fai te...


Il guaio è che poi le faccio tutte male, feci io... No, disse Gino, non esiste che tutti i bicchieri si rompano, non esiste, coglione...
poi, mentre la tosse era diventata davvero una cosa insopportabile, che mi prendeva lo stomaco fino a farmi male, mi disse...
mi disse una cosa tipo: Quanti occhi hai, per piangere?... lo guardai come si fa con un matto, sorrisi con una pena da morirci...
Te quanti occhi hai, per piangere?, mi disse Gino... Be', due, feci io... allora lui disse: Bene... e ricordati di usarli sempre tutti e due...
a 'sta faccenda degli occhi non c'ho pensato per degli anni, a dire la verità... la vita sa farti scordare un sacco di cose, ecco...
quando a metà mattinata mi ha chiamato Tommy, ci siamo messi a fare il conteggio dei bicchieri rotti... due falliti di merda, ecco...
ci siamo ritrovati con tanti di quei vetri sotto i piedi che ci sarebbe voluto un mago per riuscire a camminarci sopra, davvero...


Io e te, fa Tommy, siamo due che non hanno mai goduto dei successi avuti, ma abbiamo sofferto come cani per gli sbagli fatti...
lo so, ha ragione Tommy: noi, quelli come noi, hanno messo i pochi applausi nel cuore, e gli errori tutti dentro la nostra testa...
certi giorni, se non ci stai attento, rischi di diventarci matto, sopra quelle cose... sopra quei fottuti bicchieri fracassati...
dovresti provare a fregartene, ma con te stesso non puoi barare... puoi solo farci i conti, e se lo fai in certi giorni, escono salati...
quando esco di casa, là, fuori, c'è Ugo, il cinghiale maschio... è venuto per il pane... glielo do tutto, e lui se lo sgranocchia...
il mio cane lo sta a guardare, mica gli torna tanto 'sta storia che Ugo mangia e lui no... Ugo se ne va, lento, come i miei pensieri di oggi...
oggi ho pensato a quanta gente mi avrà dato la colpa  per aver rotto qualche bicchiere...
domani, giuro, ricomincerò a soffiare sul vetro, e a tirarci via i bicchieri più belli del mondo... con il bordo color smeraldo, ecco...
e se, se ne romperà qualcuno... be', magari darò la colpa al vetro, oppure dirò: Vuoi cazzo che non se ne rompa uno, alla fine?..



lunedì 21 gennaio 2013

prendi una decisione coraggiosa

e dedica anima e corpo
al successo della tua vita






 lo so, lo so... sono stato tentato di saltare sulla slitta di Babbo Natale per andare a vedere in faccia la fantasia e la nostalgia...
e questo tempo è servito a scrollarsi di dosso la rabbia e altre faccende, proprio come fanno i cani con la pioggia...
ho immaginato bambini che aspettavano doni, e una Befana che volava ancora a cavallo di una scopa di saggina...
Non insegnate ai bambini, la vostra morale, è così stanca e malata, se proprio volete raccontategli il sogno di un'antica speranza...
un sogno dove esiste ancora l'istinto di volare e la voglia di aspettare per tutta la vita il ritorno di un Babbo Natale...
da troppo anni, noi viviamo di false icone, di falsi miti, di persone mascherate da buoni, di cretini diventati popolari, bene...
ci accorgiamo, noi uomini, di essere capaci di fare schifo, eppure, davanti al mondo, ci presentiamo in vesti immacolate...



voglio dire, ognuno di noi sa che cosa sia, come persona, si conosce, no?, eppure sappiamo mentire al mondo, e a noi stessi...
io, non sopporto le persone false... quelle che davanti ti sorridono e ti baciano, come dei Giuda di questo secolo del cazzo...
io non credo nel buonismo, perché ha creato nuovi disperati, gente ridotta alla miseria, ragazzi rincoglioniti da idee stupide...
la mia esperienza mi impedisce di credere nell'apparenza, di valutare le persone dall'abito o dal colore della pelle...
per esperienza, so che ci sono più delinquenti tra quelli in giacca e cravatta che tra quelli con duemila orecchini e spinelli in mano...
non credo nelle raccolte di fondi a favore di qualsiasi cosa, perché ne abbiamo viste troppe per poterci ancora credere...
chiediamo ai terremotati dell'Emilia quanti soldi hanno visto dopo tutte quelle cristo di raccolte promosse dagli enti più disparati...



e sapete perché non hanno ancora visto un euro? perché, alla fine, per assurdo, non sanno nemmeno come spenderli, quei soldi....
non credo nelle belle fotografie di uomini di potere, piccoli uomini, che li vedi lì sorridenti con moglie e figli, ben abbracciati...
ecco, li vedete ovunque, anche su twitter: sorridenti, belli, abbronzati, moglie, figli (almeno due), la famiglia Mulino bianco...
stiamo vivendo in un'epoca in cui tutto è falso: ma li sentite alla televisone tutti quelli che piangono la miseria del mondo?
cercano di piangere mentre parlano di chi soffre, sono politici, uomini potenti, preti, vescovi... ma parlano, ecco, e basta....
di queste cose ne parlavo oggi con mia figlia: lei forse saprà difendersi, ha il pensiero a difenderla... ma non è più facile niente...
in un'epoca in cui chi ha successo non necessariamente ha talento, ti passa la voglia di star lì a menarti, lasci perdere e buona notte...
l'ho già già detto: io quando vedo certe riviste, non conosco mai una delle persone che stanno in copertina: ma chi sono?, mi dico...
ero abituato a vedere Celentano o Morandi o Jovanotti, e in altre: Verdone, Troisi, Benigni, Giancarlo Giannini, la Vitti, per dire...
erano volti che si conoscevano un po' tutti, giusto?... ora vedi: Luca lascia Lucia per Anna... e il "tronista" è a sciare con Giulia...
d'istinto, la prima domanda  che ti viene è: Ma chi cazzo sono?... voglio dire, se metti uno in copertina deve essere ben famoso...
e invece no, non è un talento, qualcuno in gamba, no... è il tipo che è stato chiuso in una casa o un'isola per tre mesi, e allora?...
vabbè, amici, per essere famosi, oggi, non bisogna essere bravi, no... bisogna essere popolari, essere stati in tv...
e visto che la cosa funziona: essere popolari ti da tanti vantaggi: donne, soldi e via.... lo fanno tutti: finti attori, preti, magistrati...
e il risultato ce l'abbiamo davanti agli occhi: film da fare schifo - si recitava meglio noi a scuola, anni fa -, e società da fare schifo...
e la logica conclusione è che, oggi, per avere successo è meglio essere un po' cretini... non serve più una minima genialità...
e questo paese allo sbando, dove non esiste una pubblica amministrazione sana, seria, onesta, vorrebbe risolvere tutto con il voto...
ma le vedete queste facce nuove? chiacchiere senza più pudore né dignità: promesse di farci tutti ricchi... e nessuno s'incazza...
ma in quale paese, una classe dirigente che ha fallito in tutto, avrebbe ancora la faccia di chiedere un voto per salvare il Paese?



roba da matti, ci pensate? dobbiamo vedere ancora Bersani, Berlusconi, Casini, Fini chiedere un voto per rinnovare l'Italia...
diceva Gaber: Tu sei un ingenuo perché credi che la politica possa risolvere i problemi... e allora tu mi dirai: "Non c'è speranza"...
e sempre Gaber, uomo geniale e non popolare, grazie a Dio, diceva: Cercare oggi di cambiare le condizioni di vita di questo Paese?...
Be', cercare oggi di cambiare le condizioni di vita di questo Paese con la politica, è come fare pulizie sul Titanic che sta affondando...
e pensare che basterebbe pochissimo... fare uno stacco e lasciare fuori campo tutto il conformismo di cui è permeata la nostra esistenza...
basterebbe smettere di sentirsi sempre delle brave persone... smettere di sentirsi vittime delle madri, dei padri, dei figli... QUI E ORA...
basterebbe smascherare qualsiasi falsa partecipazione... Basterebbe rifiutare la libertà di calpestare gli altri, ma anche la finta uguaglianza...
basterebbe capire che un uomo non può essere veramente vitale se non si sente parte di qualcosa... Subito. QUI E ORA...
basterebbe abbandonare il nostro smisurato bisogno di affermazione,  il nostro appassionato pessimismo... basterebbe pochissimo...
basterebbe smettere di piangucolare... ed essere certi solo di quello che noi viviamo direttamente, che vediamo coi nostri occhi...
basterebbe smettere di non crederci più... e rendersi conto che anche l'uomo più mediocre diventa geniale se guarda con i suoi occhi...
basterebbe capire che un uomo non può essere veramente vitale se non si sente parte davverodi qualche cosa... su... QUI E ORA...
basterebbe rendersi conto che la crescita del mercato può anche essere indispensabile alla nostra storia e alla nostra sopravvivenza...
ma che la sua inarrestabile espansione, la sua massima voglia di crescere, ci rende sempre più egoisti, e più volgari... sì, QUI E ORA...
basterebbe smettere di credere che l’unico obiettivo sia il miglioramento economico perché la vera posta in gioco... è la nostra vita...
basterebbe smettere di sentirsi vittime del denaro, del lavoro, del destino e persino del potere, anche del potere anche politico...
perché anche i cattivi governi sono la conseguenza naturale della stupidità degli uomini.... basterebbe smettere... QUI E ORA...



perché la spinta utopistica non è mai accorata o piangente... la spinta utopistica non ha memoria e non si cura di dolorose attese...
la spinta utopistica è subito... i sogni sono adesso, e sempre... la vostra vita è in questo stesso istante... QUI E ORA...
perché non c'è nessuno che dia un senso alle cose più semplici e vere, alla vita di ogni giorno, e all'urgenza di un uomo migliore...
siamo stufi marci di vedere i nostri figli con la stanchezza anticipata di ciò che non troveranno... le loro facce deluse dalla storia...
e ci soffriremo come cani quando sentiremo dire che la colpa è anche nostra... perché abbiamo sbagliato tutto e siamo stati fottuti...
ai nostri figli, forse, abbiamo lasciato in eredità un normale benessere, una vita che va così, alla meglio, si sopravvive, ecco...
ma non abbiamo potuto lasciare quello che abbiamo dimenticato di combattere e quello che abbiamo dimenticato di sognare...
abbiamo perso tutto davvero?... Nooooo... non credo... se questa è la nostra realtà, guardarla in faccia non può far male a nessuno...
basta non farsi prendere dalla stupidità dello sconforto...è la non consapevolezza che crea malesseri nascosti e uccide per delega...
bisogna assolutamente trovare il coraggio di abbandonare i nostri meschini egoismi e cercare un nuovo slancio collettivo...
magari scaturito proprio dalle cose che ci fanno male, dalle insofferenze comuni, dal nostro rifiuto, dalle nostre dannazioni...
ritrovare il nostro coraggio, la nostra forza di un tempo e ripartire insieme: Perché un uomo solo che grida un NO, è un pazzo...
però, tanta gente, milioni di uomini che gridano lo stesso NO, avrebbero la possibilità di cambiare veramente il mondo...
......
...prendi una decisione coraggiosa, e dedica anima e corpo al successo della tua vita...............







lunedì 14 gennaio 2013

la mia amica Laura

che non credeva per niente negli uomini







Se questo fosse un concerto rock, la chitarra suonerebbe ora un accordo di si minore... e l'organo, la seguirebbe...
qui la musica c'è, ma sta là, in un angolo, anche lei ha paura di disturbare un ricordo... eppure, eppure...
eppure ho vissuto tanti anni, e certe cose non so perché, non riesco a diogerirle... la vita sa farti un male dannato...


stamani sono andato davanti alla scuola: ho aspettato Francesca: la figlia di Laura: bella, triste: tutta sua mamma...
Francesca accompagnava Giovanni, suo figlio: fa la quarta elementare: cresce intanto che tiene la palla al piede...
sono stato lì, fermo, poi me ne sono andato via... tirava vento, e il cielo non prometteva niente di buono...
Francesca non mi ha visto... si è riavviata i capelli, e poi, si è accesa una sigaretta: proprio una bella ragazza...
stava lì, ad aspettare il suo autobus, con quella perlina azzurra all'orecchio... una cosa che mi ha fatto sorridere, amaro...
di alcuni amici parlo poco... ma di lei non ho scritto mai niente... per certe persone mi manca il coraggio...
verso Laura ho il debito di tante notti passate ad ascoltarla parlare... dove ho imparato a non giudicare mai...
sembrava una libellula smarrita nelle luci di tante lucciole di quelle estati oramai troppo lontane da ricordare...
leggera, ecco... appena palpabile... avevi il timore che, a sfiorarla, potesse farsi male, oppure morirci...
erano già finiti i tempi della scuola... si stava cercando di imparare il mondo, che ancora non ci aveva fatto niente...
Laura era il mio modo di imparare le donne, di capirle... di cominciare a soffrirci sopra, e poi non dormirci di notte...


Promesse da marinaio... se tu l'avessi conosciuta, prima o poi l'avrebbe detto anche a te... sarebbe capitato...
Laura aveva avuto Francesca a diciassette anni: una bambina che s'inventa un'altra bambina: una perla rara...
Laura credeva poco nella vita e nell'amore... e nei suoi occhi, in quel momento, le passava un'ombra, così...
Laura non credeva per niente negli uomini: Cercano solo un fottuto buco dove poi scolare il proprio uccello...
Laura era una di quelle persone che sembrava che un dio cattivo ci si fosse messo giù di buzzo buono, di notte...
negli occhi aveva sempre un'ombra... come se il sole, a lei, potesse passarle solo e sempre di spalle...
teneva con se un libriccino dove si appuntava cose che, a pensarci, non ti verrebbe da scrivere su un foglio...
una su tutte: La vita per meritarti dovrebbe farti almeno, sempre, una carezza, ogni sera... cose così...
le dicevo: Ci si abitua a tutto... e lei: No, non è vero... l'abitudine è tanto cattiva, perché ti rende invisibile...
ci sono persone che se la vita gliela dai senza istruzioni per l'uso, va a finire che poi la buttano via in un attimo...
con Laura si andava spesso in bicicletta... erano strade polverose, strade di terra... strade dritte verso il cielo...
erano strade che ti rubavano il respiro... ti prendevano via il fiato, fatte apposta per sentirti dentro e non dire niente...
scappavamo via dai soliti discorsi, da chicchiere becere di gente che non aveva capito ancora un cazzo della vita...
fumava un po' di tutto, me ne offriva, a volte... dicevo: Non serve, Laura, sono già scemo per conto mio...
leggevamo insieme le poesie di Pavese, quello stesso libro che anni prima avevo consumato a furia di leggere con Sara...
le poesie disperate di Verrà la morte ed avrà i tuoi occhi... quelle che ti fanno conoscere il baratro, se le sai leggere...


si saliva fino al monastero, che oggi ho lì a pochi passi, e si parlava di come cazzo facevano a starci una vita lì dentro, i frati
si girava a piedi intorno alle mura del monastero, come due ragazzi che cercano un posto per fare l'amore...
con Laura le cose erano diverse: lei cercava un posto dove fermarsi, sedersi e dirti della miseria degli uomini...
non era facile stare accanto a una ragazza così... i suoi tormenti della vita, in certe sere, diventavano anche i miei...
aveva un carattere così forte, che non ti stava ad ascoltare... viveva per punti, precisi, esatti... disperati e decisi...
imparò ad ascoltare le mie parole attraverso la musica... le facevo ascoltare quello che avrei voluto dirle a voce...
così, lei imparò le mie sensazioni, le mie paure, i miei dubbi e le mie poche certezze... imparò ad ascoltarmi, così...
e se non era musica, era vento... quei giorni in cui ti mozzava il fiato, e tu lo respiravi come fosse aria nuova...
Francesca cresceva con sua nonna: la madre se n'era andata anni prima, e il padre aveva da scopare diverse donne...
quando ti capita di aver guardato dentro a un pozzo, dove hai visto il vuoto e il buio, o risali oppure ci caschi dentro...
Tommy degli Who era il disco che aveva scelto per la sua solitudine... l'avrà ascoltato centomila volte...
e tu lo sapevi, la guardavi negli occhi e sembra lei ti dicesse: See me, feel me, touch me, heal me...
era una pena... una sofferenza... non apriva la bocca, eppure tu la sentivi... te lo chiedeva con l'anima...
Guardami, sentimi, toccami, guariscimi... e tu stavi lì, a guardala, quella fottuta malinconia, la toccavi per davvero...


Guardami, sentimi, toccami, guariscimi... ero un ragazzo, alla fine... stavo lì, e non sapevo cosa cazzo fare...
quando riascolto quelle parole di quel porco disco, è come se mi ficcassero un coltello in mezzo al cervello...
se ci pensi per un attimo ti viene di mandare tutto a fare in culo... certe persone nascono con un'anima troppo scoperta...
a quei tempi, e l'ho fatto anche dopo, per anni, prestavo la mia voce a certe registrazioni per alcune radio...
andai in radio presto anche una mattina di settembre di trent'anni fa... era una giornata di merda: cielo nero come il culo dell'inferno
a quei tempi non c'erano i cellulari... salivi in macchina e sapevi di essere, per un po', solo al mondo... era bello, davvero...
non c'erano telefonate di rompicoglioni, ma nemmeno quelle a cui tu potevi tenere: quelle da parte di amici, amici assenti...
arrivai alla radio che erano le otto e mezza: Angela mi disse: Ti ha cercato tua madre... la chiamai... ingollai l'anima...
quella strada, quei dieci dodici chilometri sembravano diventati diecimila, d'un tratto... ingollavo anima e bile...
in quei momenti trovi di tutto: trattori, imbecilli, la polizia davanti a te, un semaforo rosso per lavori in corso... trovi di tutto...
mi aveva cercato Laura... a mia madre aveva detto solo: Gli dica subito che tra poco sarò guarita del tutto...
la trovò Nunzia che lì ci passeggiava per via di certi problemi alla circolazione: gliel'aveva detto il suo medico della mutua...
quando arrivai c'era già un gran casino... rimasi lì, in macchina, e mia madre che mi diceva tutto e tutto e tutto e tutto...
un niente: proprio tra l'occhio e l'orecchio con la perlina azzurra.... un niente da una cosa di suo padre: cosa da poligono...
poi, quel fottuto cielo nero come il culo dell'inferno si ruppe i coglioni... e cominciò a piovere che dio la mandava...
come se il padreterno, ad un tratto, si fosse messo a piangere di brutto, per aver combinato una gran cazzata...
e ora, mi verrebbe voglia di dirgli qualcosa a quel padreterno... non so se sia lì, e se poi mi stia anche a sentire...
ma Tu, lassù, padreterno o signore, "se hai un momento" dille almeno "che io c'ero e non ho fatto in tempo"...

 

il mio amico Massimo

sono stato un po' Pulcinella
e un po' Pierrot






Quel pomeriggio me ne andai, e non per mia scelta... non so se esista un destino, nel caso, be', mi aveva dato poco tempo...
no, potresti diventarci matto, a pensarci... com'è che un uomo arriva a cent'anni, e un altro deve far valigia cinquant'anni prima...
io, mi avessero detto di scegliere avrei scelto di stare nel mezzo... avrei voluto invecchiare, senza dover per forza rincoglionire...

a me successe un sabato pomeriggio degli inizi di giugno... faceva caldo, e mi sentivo proprio stanco, a dirla tutta, stanco morto...
andai a riposare, dalla penombra della camera, sentivo il rumore delle auto lungo la strada, come un suono distante... costante...
metteteci un sabato pomeriggio di giugno, e il sole... lì, tra il mare di Ostia e la Cristoforo Colombo, tra demonio e santità...
le strade erano un ronzio, intasate dai romani in gita, in un tranquillo sabato pomeriggio di quasi vent'anni fa... tra demonio e santità...
io, allora, di anni ne avevo 41... ero giovane, qualche soldo per le tasche, qualcuno mi riconosceva pure, se andavo al market...
insomma, avessi potuto discuterci, con il destino, gli avrei chiesto se avesse potuto farmi una proroga a quella mia scadenza naturale...
avevo pranzato con la famiglia di mia sorella, poche cose, non stavo troppo in forma, da un anno stavo a lottare con il cuore mio...
ci pensate? un anno prima avevo preso un aereo, pagato regolare, non rubato, e ero volato a Houston, come fossi Tom Hanks, ecco...
là, dove avrei voluto vivere e correre e saltare sopra cavalli e galoppare per anni interi, mi aspettava il professor Cooley...
ma questo non è più importante... voglio dire, che se lo tenga pure, il professor Cooley, il suo cuore nuovo fatto apposta per me...
a me, non serve più... da queste parti si vive bene anche senza un cuore... adesso respiro con il vento, perché vivo nel vento...
ma immaginate come c'è rimasta mia sorella... verso le 15 e 30 mi viene a chiamare... io la sento, ma non riesco a parlare...
mi chiama forte, urla... scappa, torna, se ne torna via... arriva mio cognato, si mette le mani nei capelli, non sanno che fare....
poi, be', poi chiamano un'ambulanza... e me la immagino, sfrecciare sulle strade di Roma intasate di gente che va al mare....


 
mi sembra di vederlo, l'autista che s'incazza con una fiat Panda o con la Madonna... che schiaccia il pedale a manetta.....
e mi immagino qualche romano che sentendo la sirena abbia detto: Qualcuno oggi sta peggio di noi... e intanto passa l'incrocio...
per arrivare a casa di mia sorella, all'Infernetto, in via Canavero, bisogna tirare a battere tutti i record... bisogna volerlo fare...
e la vedo, che corre anche l' ambulanza, come corrono le urla in quella tranquilla stradina di Roma... e corre anche un mio amico....
già li sento... corre voce che mica ce l'abbia fatta, che io sia già andato... e non è che proprio c'avevano torto, quelle voci....
e la vedo, la gente che corre, la gente giù in strada... mentre tirano via la lettiga dall'ambulanza, e salgono su di corsa, pure loro...
gli avranno detto: Guardate, fate svelti, che sta male.... e gli avranno fatto il mio nome, e avranno detto: Occristo! Di corsa!....
insomma, in certi casi, essere un tantino famosi fa fare miracoli agli uomini... solo agli uomini, beninteso... al destino non importa...
anzi, il destino con chi è famoso e pure giovane ci si diverte... secondo me i miti li ha inventati il destino, sempre, ovunque...
mia sorella un po' se lo aspettava... mi stava sempre appresso... sapeva che non ero nato con una salute di ferro, per dire...
era una specie di ricordati che devi morire, quella in cui vivevo... e spesso gliel'ho detto: sì sì mo' me lo segno ... proprio....
arrivano i medici, gli infermieri... arrivano certe speranze... io li vedo, ma oramai sono in volo, nel vento... loro si danno daffare...
io li vedo, tutti presi a cercare un nuovo Lazzaro, ma io, oramai sono in volo, nel vento... e già non ci stavo troppo male....
li vedo delusi, disperati, tristi... ripartono, con lettiga vuota e tutto... e per chi da fuori vede, non è certo una bella notizia....
ero innamorato della vita, ero innamorato dell'amore e del mio lavoro... ero innamorato delle donne, e del mio oziare...
vedo il mio amico con indosso quel cappello... e mi viene in mente di chiedergli perché se lo tiene sempre in testa quel cappello...
magari lui, come successe a me, potrebbe dirmi: E' un trucco proprio dei postini, 'na cosa nostra insomma... e dirmi tutto e niente...
e vedo Pino che non si rende conto ancora... lo sento dire: Sì, sì... e io: No, nun dicere sì sì ho capito e poi nun hai capit' nient....
e dirgli: Pino, tu basta che soffri due giorni faje 'na canzone di due minuti, io per fare 'nu film 'e tre ore aggia suffrì da quand'ero piccolino
mi ricordo di Robertino che mi chiedeva quante volte si può fare l'amore in un giorno....



e a Natalie vorrei dire: Io credo che, un uomo e una donna, siano le persone meno adatte a sposarsi tra di loro, troppo diversi...
quel pomeriggio di giugno fu un casino... arrivò la polizia il magistrato... sembravo io l'omicida, mica la vittima, il morto...
a dire: E' morto...è morto...  Ma pecché siete tutti così sinceri con me, che cosa vi ho fatto di male, io?... Chi vi ha chiesto niente?
alla fine, quando hanno capito che io ero il morto e non l'assassino se ne sono andati tutti quanti, e a casa c'era solo silenzio...
ho visto arrivare i miei amici, come se dovessimo girare la scena di un film... sarebbe stato bello, o forse solo un po' noioso....
Qua pare che ogni cosa, ogni cosa, uno non si può muovere che ... e questo e quello è pure per te oh.............
li sento, li sento dire... li sento parlare... sono di là, con mia sorella... E' morto, dicono è morto... lo dicono e piangono....
Queste non sono cose che si dicono in faccia, queste sono cose che vanno dette alle spalle dell'interessato.........



ma, vi dico la verità... Chillo a me m'ha ruvinato mio padre che nun ha fatto carriera.... sarebbe stato tutto più semplice....
sono stato un po' Pulcinella e un po' Pierrot... io c'ho provato... e ho capito che, alla fine, non si ricomincia da tre...
ti lasciano proprio alla prima... Buona la prima...
modestamente, io, sto' aspettando 'e sbaglia' 'o secondo film....perché tutti qua dicono 'o sicondo film è difficile,
'o sbaglio e faccio subito 'o terzo film......capace che mi riesce pure, ma scusate... ma che siamo veramente nell'anno 1400? no...
e aspetto solo che qualcuno mi venga a parlare dell'amore: Quando c'è l' amore c'è tutto... direi: No, ti sbagli, chilla è a salute...
modestamente vi saluto... e scusate il disturbo...



martedì 8 gennaio 2013

ho visto Nina volare

...e nemmeno un rimpianto









Una donna, che se io accarezzo una poltrona, un libro o una rosa lei abbia voglia di essere solo quella cosa...
immaginate di vedere un vecchio molo da una strada buia, dove a quest'ora non entra nessuno, neanche la polizia...
oh, amico mio, lo dovrebbero provare cosa voglia dire passare in certe vie dopo il tramonto, o magari a notte fonda...
lo sai, amico mio, non è facile uscirne con le mutande addosso... sarebbe meglio andarci senza mutande, per dire...


lo sai, amico, io ci sono andato, c'ho camminato, di notte, con la convinzione che magari siano gli altri ad aver paura di me...
ho camminato su quelle vie antiche dove il sole del buon Dio non dà i suoi raggi, e dove la polizia non ci va proprio, di notte...
e dove oggi c'è davvero meno poesia di un tempo, là, lungo le calate dei vecchi moli, tra ladri e assassini e tipi strani
dove, lo sai amico mio, una puttana dagli occhi grandi color di foglia la puoi sempre trovare, ma è dura prenderla per la mano...
perché, vedi, amico mio, passa il tempo sopra il tempo che sembra correre come il vento, e il tempo, qui, non ha mai fretta...


il tempo, amico mio, qui sa aspettare... e, se un mattino fra i capelli troverai un po' di neve, lascia stare, lo sai doveva accadere
vabbè, il tempo passa, si sa, amico mio... passa sopra le nostre paure, i nostri desideri, sopra i ricordi di donne lontane...
già, le donne... le donne amate, quelle solo desiderate, quelle nascoste perché nessuno potesse far loro del male... le donne...
ci siamo fatti annacquare la testa dai discorsi sulla sacra vita coniugale, cose dette da chi non ne sa un cazzo della vita coniugale
ce ne siamo sbattuti i coglioni di tante puttanate... abbiamo vissuto, amico mio, con le nostre idee e la nostra fottuta libertà...


abbiamo incontrato donne sole senza il ricordo di un dolore, donne di quando c'era il sole e avevano gli occhi belli e labbra nuove
donne di giorni perduti a rincorrere il vento, a chiederci un bacio e volerne altri cento, amico mio... donne poi fuggite via, in un attimo
donne a cui abbiamo detto io t'ho amato sempre, non t'ho amato mai... donne che sono state femmine un giorno e poi madri per sempre...
donne come Maggie uccisa in un bordello o Edith consumata da uno strano male o Ella morta d'aborto o Kate morta d'amore...
donne come un vortice di polvere, c'era chi bestemmiava e chi, invece, ricordava la gonna di Jenny in un ballo di tanti anni fa...
donne da cui abbiamo imparato l'amore, dove l'amore non  era adulto e lasciava graffi sui seni, e ci piace ricordarne il sorriso...


donne dei baci che non si è osato dare, delle occasioni lasciate ad aspettare, degli occhi mai più rivisti, labbra come amici... assenti...
donne a cui abbiamo detto di aspettare un amore più fidato, vecchio amico, donne vere che mettevano l'amore sopra ogni cosa...
già, le nostre donne... quelle che ci siamo messi nei quattro angoli del cuore, uno spazio limitato, che abbiamo, a volte, allargato...
donne che c'hanno detto: Non ci lasceremo mai, mai e poi mai... in un aprile ormai lontano... donne venute, poi, per un amore nuovo
perché noi, ci siamo sempre innamorati di tutto, di tutto quello che fosse la vita, perché al loro dio perdente non devi credere mai...


essì... le nostre donne, le nostre vite, la nostra fottuta dannata libertà... che ci fa chiamare Renato Curcio il carbonaro, ecco...
quelli come noi, amico mio, che hanno sempre avuto voci potenti adatte per il vaffanculo a quelli che poi ci mandarono a cagare...
abbiamo avuto amici ora assenti, che non vedevano più folletti di vetro, e avevano licenziato Dio e gettato via più di un amore...
abbiamo conosciuto fottuti banchieri e notai e bastardi politici coi ventri obesi e le mani sudate coi cuori a forma di salvadanai...
noi, che avevamo gli occhi troppo belli, noi che ci siamo lasciati massacrare sui marciapiedi, mentre altri ci mordevano il sedere...
lo sai amico, a quella gente senza faccia e senza vita, abbiamo detto: Anche se ora ve ne fregate, voi, quella notte, voi c'eravate!...


perché, lo abbiamo capito bene, e bisogna essere proprio dei coglioni per non aver capito davvero che non esistono poteri buoni
ci siamo messi sulle strade gremite, a gridare alla gente disinteressata: Per quanto voi vi crediate assolti siete lo stesso coinvolti...
gente che ha pensato di salvarsi dietro un croce, limitanto la propria esistenza allo stare alla finestra, come su un palco della Scala
uomini, piccoli, ecco... a cui abbiamo detto: eccoti, con il tuo bambino biondo a cui hai dato una pistola per Natale, che sembra vera...


e anche: Eccoti, con il letto in cui tua moglie non ti ha mai saputo dare, con le tue finestre aperte sulla strada e gli occhi chiusi sulla gente
Eccoti, con il tuo francescanesimo a puntate, con l'idiota in giardino ad isolare le tue rose migliori... Com'è che non riesci più a volare?...
non abbiamo mica avuto risposte... perché noi non abbiamo una camicia bianca, né un segreto in banca, né pranzi di lavoro...
ma vedrai, vedrai... passerà questa pioggia sottile come passa il dolore, perché domani sarà un giorno incerto di nuvole e sole...
e ora, amico mio, mentre accende un'altra sigaretta Stop, e ora sorridimi perché presto la notte finirà, con le sue stelle arrugginite...


tu, che hai visto Nina volare tra le corde dell'altalena, certo, un giorno la prenderai come fa il vento alla schiena, prima che venga neve
ma io ti conosco, amico mio, e lo so, poi, ti sveglierai sull'indaco del mattino quando la luce ha un piede in terra e l' altro in mare...
e tu, ti guarderai allo specchio di un tegamino, così, semplicemente, così... come il cielo si guarda allo specchio della rugiada...
e vorrei rivederti lassù, vecchio amico, sui quei monti, dove la mattina presto un'asina dal mantello chiaro starà a pascolare...
oppure in un posto dove la luna si mostra nuda e la notte ci punta il coltello alla gola, ecco, e a montare l'asino c'è rimasto Dio...


e passare la notte nella casa dell'Andrea che non è marinaio... uomini di terra, a muso duro, che alla spigola preferiscono l'ala...
dove incontreremo gente di Lugano, facce da tagliaborse... ragazze di famiglia, odore di buono che puoi guardarle senza preservativo
dove troveremo cose da bere, cose da mangiare... frittura di pesciolini, bianco di Portofino e cervelli di agnello nello stesso vino...
e poi, alla fontana dei colombi nella casa di pietra, perdersi in lasagne da tagliare ai quattro sughi e pasticcio in agrodolce di lepre...
e poi riposare o fare l'amore... finché il mattino crescerà da poterlo raccogliere, giovane, fratello dei garofani e delle ragazze...
e, mentre il nostro cuore si confonde nella confusione, con l'occhio pieno di indignazione, ridere forte di quello dietro la finestra...


e far capire, a quell'idiota con le chiappe a riposo dal lavoro, che tra le donne alla fontana dei colombi nella casa di pietra c'è sua moglie
che a Pianderlino succhia cazzi, che alla Foce ha cosce da schiaccianoci, che la puoi vedere a Carignano tra fighe di terza mano...
e io, vabbè, sì, lo ammetto... io son qui a guardare tre camicie di velluto, due coperte e il mandolino e un calamaio di legno duro...
a guardare, sì, a guardare in una berretta nera la tua foto da ragazza, per poter baciare ancora Genova, sulla tua bocca in naftalina...
perché è successo, amico, la libertà averla vista dormire nei campi coltivati a cielo e denaro ed amore, protetta da un filo spinato...


averla vista, la libertà, svegliarsi ogni volta che abbiamo suonato per un fruscio di ragazze a un ballo, o per un compagno ubriaco...
amico mio... E poi se la gente sa, e la gente lo sa che sai suonare, suonare ti tocca per tutta la vita e, alla fine, ti piace lasciarti ascoltare...
così va la vita... Finì con i campi alle ortiche finì con una chitarra spezzata... e un ridere rauco e ricordi tanti e nemmeno un rimpianto...
il nostro vecchio amico Fabrizio De Andrè, se n'è andato l'11 gennaio di 13 fa... mi sembra di sentirlo cianciare ancora delle porcate
non per un dio ma nemmeno per gioco...
lui che offrì la faccia al vento, la gola al vino, mi sembra di sentirlo ancora cantare delle belle passanti dove si piangono le labbra assenti...


il mio tempo verrà

I campanacci di Gustav Mahler









La vita è quello che accade, mentre tu sei impegnato in altre faccende...   
stasera, davanti al camino, si torna indietro di anni, tanti anni, devo dire...
quella sera, si tolse gli occhialini di metallo, e li appoggiò sul pianoforte, si sedette, tirò un sospiro forte e triste, la mano sulla faccia...

Gustav Mahler
tirò fuori l'orologio dal taschino del gilet... quasi le nove... fuori pioveva e tirava vento forte... passò le dita sul piano, poche note...
la casetta nel bosco, a Maiernigg, in Carinzia, sulla sponda orientale del Wörthersee, era la sua culla, il suo nido, la sua galera...
sua figlia Maria Anna, che lui chiamava Putzi, era appena morta, non aveva ancora 5 anni... quella sera, lui si sentiva morire dentro...
sua moglie non era con lui, era via... lo sapeva, sua moglie non era fatta per essere una moglie... lei cercava gli uomini, lui l'amore...
in quel periodo lei si vedeva con un giovane architetto prussiano, Walter Gropius, il fondatore ben celebre del movimento Bauhaus...
una piovosa e fredda sera di fine estate del 1910... lui, il suo pianoforte, e il suo cuore malato e ballerino, e il dolore che uccide...
non sarebbe ritornato al Metropolitan, avrebbe lasciato Caruso a cantare a meraviglia Fidelio e Don Giovanni, lui aveva detto basta...
la pioggia picchiava forte sul tetto a spiovente, sui vetri delle finestre... intonò sottovoce il canto di Der Abschied... sottovoce, sì...


una nenia, un dondolio di una culla, i gesti di un padre verso la sua bambina, le coccole, l'amore che non le avrebbe più potuto dare...
silenzio. assoluto silenzio. la pioggia, la notte, l'anima in fiamme. e lui che sottovoce intona una nenia da far male a ogni Padreterno...
gli anni passati, le piccole e brevi gioie, il dolore della conoscenza, il dolore tremendo di sentirsi solo, perso, senza un appoggio...
un amico gli aveva consigliato di rivolgersi a Freud, e lui c'era stato, una passeggiata nel giardino e tante ossessioni rimaste...
Ebbi la possibilità di ammirare le capacità di penetrazione psicologica di quell'uomo di genio, disse dopo, in una sera da scordare...
si mise la faccia tra le mani, chiuse gli occhi... lui, il celebre direttore d'orchestra... lui, il compositore di musica nuova e geniale...
aveva messo la sua anima dentro nove sinfonie e tanti lieder drammatici... aveva lasciato il suo cuore ballerino in balia del mondo...
si era ispirato al romanzo di Jean Paul, il Titano, per scrivere la Prima Sinfonia... ma non era stata apprezzata poi più di tanto....
la sua musica era nuova, rivoluzionaria... aveva preso Fra Martino Campanaro e ne aveva tirato fuori una marcia funebre...
una marcia dei soldati... la morte addosso... la fine di un'epoca...

 

Gustav Mahler era stanco, stanco di sopportare le umiliazioni del mondo, della sua vita, delle cose più care, della morte e tutto...
aveva cercato Dio, disperatamente nella Seconda, Resurrezione... l'aveva cercato tra le note, nelle pieghe della sua anima, così...
Ho chiamato il primo movimento Totenfeier è l'eroe della mia Prima Sinfonia che porto a seppellire....

 

quando nel 1896 scrisse la Terza, non sapeva di avere fatto un capolavoro, nessuno glielo disse, e lui da altri non lo seppe mai...
è la più lunga sinfonia della storia della musica, oltre un'ora e mezza: ci vuole un'orchestra enorme, e cori e cantanti e un'anima...

ci sono citazioni da Così parlò Zarathustra di Nietzsche, e mille cose ancora...       
scrisse la Quarta nel 1900, mentre alla Scala andava in scena la Tosca di Puccini, una sinfonia più semplice, e meno ambiziosa....

nella casetta nel bosco di Maiernigg, nacque la Quinta, era estate, era bello, era il 1902... c'era il sole, in quei giorni, era bello...
scrisse sereno, libero da pensieri drammatici, lontano dal suo cuore ballerino... lontano da sua moglie Alma, da solo...
scrisse l'Adagietto, lo suonò al piano, lo suonò più volte, e alla fine pianse....                


Alma non era adatta a fare la moglie... e lui, da solo, nella sua casetta nel bosco di Carinzia, scrisse una cosa che fa male, a sentirla...
scrisse la Sesta Sinfonia, Tragica... un grido di dolore, la fine dei sogni, e la fine dell'impero prussiano... la fine di una storia....
il Largo, in la minore, è terribile... meravigliosamente terribile... ma lo canterete, ecco...       


poi, nel 1905, riuscì a raccontare in musica cos'è la notte... la notte nel bosco, gli uccelli che svolazzano, il mondo nel buio della notte...
allora lui non lo sapeva che, poi, tutti l'avrebbero conosciuta come la Sinfonia della Notte... allora, nel 1905, lui non lo sapeva...
era triste quella sera, Mahler... sua moglie era via, la sua vita se ne stava andando, e lui lo sapeva... fuori pioveva la fine di un'estate...
l'Ottava Sinfonia gli nacque complicata da subito: venne fuori enorme, titanica... per suonarla ci vorrebbero quasi mille persone...
per suonarla e cantarla: 1000 persone: l'inno Veni creator spiritus di Rabano Mauro insieme alla scena finale del Faust di Goethe...
accostamenti difficili, se vogliamo... la Sinfonia dei Mille... venti giorni dopo sarebbe stata eseguita a Monaco, in quel 1910 piovoso...
non erano in mille, ma erano tanti, quella sera... davvero in tanti, quel 12 settembre 1910       


scrisse la Nona nel silenzio di un'estate e nell'autunno piovoso... era solo, sua moglie era via con qualche uomo dei mille che aveva...
non l'avrebbe mai sentita suonare da un'orchestra... Bernstein la definì: Uno stato di meditazione trascendentale dell'Essere....
l'ultimo movimento è il suo testamento... maestosamente immenso....                              


poi, le ansie e le paure, l'amore mancato e sconfitto, la vita che se ne stava andando piano piano, come un terribile adagio....
la sua musica sempre in attesa di essere scoperta, e lui, uomo solo, ne era convinto, stava scrivendo un adagio, per una Sinfonia...
resterà solo un Adagio della Decima... la vita è una lampada a olio che si spegne...           



ma questa non è più musica, questa va oltre... siamo nell'aldilà... nei sogni... siamo noi stessi quando entriamo in un altro mondo....
quella notte, nella casetta di Maiernigg, in Carinzia, sulla sponda orientale del Wörthersee, lì, ci lasciò il suo cuore ballerino...
lo prese tra le mani, lo accartocciò ben bene, e poi gli disse di prendere il volo, verso altri sogni e altre cose del genere, e lo fece...
ma, dentro di se, ne era certo: Il mio tempo verrà... ci vorrà una vita, forse due... ma la mia musica sarà riconosciuta, e amata...
ecco, il suo tempo è venuto, e tutti noi gli siamo debitori di grandi passioni e malinconie... come amici andati, e mai scordati.........
la sera che morì, la sera del 18 maggio 1911, Alma era con lui... la guardò negli occhi e le disse: Mozartl... così, senza altro.....
lo fece sottovoce... liberando l'anima e il suo cuore ballerino per sempre... poi si spense la luce, e la notte arrivò quasi subito..................
un vecchio amico diceva: Ci vorrà una vita, forse due, ma il mio tempo verrà....