mercoledì 12 febbraio 2014






 Il mio amico
John McDannyfunny












Quarant’anni prima non aveva pensato a niente di simile, per la sua vita.
Era tutta là, davanti… mille colori, le luci, i lampioni a gas che sfumavano in una luce color lillà sopra i viali sporchi spazzati dal vento in un’alba buia e fredda di neve, quando il ferry-boat accostò al molo tra mille difficoltà, in una schiuma lezza delle cose di ieri, avanzi di vita, cose gettate, inutili rimasugli e l’odore del mare sulla faccia e nei polmoni. Stridio di ferraglia. Il vento della neve. E lui se ne stava lì immobile come un Cristo in agonia. Aveva sette anni allora John McDannyfunny, e un padre morto un mese prima che lui venisse al mondo. La vita, quando decide di darsi da fare, sa essere davvero puttana. Aveva sette anni John McDannyfunny, e una madre che suonava l’arpa solo di tanto in tanto, e poi magari la suonava per una notte intera, come se per farlo avesse avuto bisogno di riprendere fiato, o la rincorsa.

Se un libro potesse avere musica dentro, come un'anima che suona, in queste parole ci avrei messo questa.


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